I neuroni specchio e il mito di Aristofane: il simposio dell’altruismo.
“Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore”
Platone, Simposio, 192e-193a, trad. it. Franco Ferrari
Vi starete chiedendo cos’hanno in comune i neuroni specchio e il mito di Aristofane. Più di quanto possiate immaginare. Ma facciamo una piccola premessa: ho deciso di parlare dei neuroni specchio in relazione al tema dell’altruismo perché recentemente, navigando tra le intriganti condivisioni di Facebook, mi sono imbattuto in alcuni filmati decisamente interessanti, in cui alcuni individui si prodigavano nel compiere una buona azione verso un’altra persona. Nulla di eclatante, un semplice gesto di altruismo svolto nella routine della quotidianità – tipo aiutare un anziano ad attraversare la strada o arrestare la corsa della propria automobile per permettere a un pedone di poter oltrepassare la carreggiata – che però, e questo è il focus del movie, si rivela estremamente utile per la collettività poiché genera un effetto a cascata provocato dalla contagiosa imitazione del gesto positivo. Nel video si metteva in evidenza questa sorprendente dinamica imitativa dove, per esempio, l’edicolante, osservando il ragazzo che aiuta l’anziano ad attraversare la strada, viene stimolato a imitare il gesto altruistico e, dopo breve tempo, si ritrova protagonista di un gesto positivo raccogliendo una banconota caduta dalle tasche di un passante e restituendola al legittimo proprietario. In sostanza, ciò che mette in evidenza l’interessante cortometraggio altro non è se non che una buona azione genera effetti sociali positivi, a causa del fatto che stimola chi la osserva ad imitarla. E cosa c’entrano i neuroni specchio? C’entrano eccome!
I neuroni specchio sono cellule del nostro sistema nervoso, scoperte tra gli anni ’80 e gli anni ’90, localizzate in alcune zone chiave del cervello deputate alla produzione del movimento, alla percezione e alla capacità umana di cogliere i sentimenti altrui e le intenzioni, oltre che di usare il linguaggio. La peculiarità di questi neuroni risiede nel fatto che essi si attivano non solo quando eseguiamo un’azione, ma anche quando semplicemente osserviamo altre persone compierla. Per l’essere umano, che è una specie sociale, queste cellule rappresentano un vantaggio evolutivo enorme. La capacità di apprendere alcuni comportamenti o di comprendere e assimilare alcune espressioni attraverso la semplice osservazione dell’altro è resa, infatti, possibile dal sorprendente funzionamento dei neuroni specchio. Ne sono una prova evidente i neonati che, poche ore dopo la nascita, sono già in grado di riprodurre i movimenti della bocca e del volto degli adulti che li osservano. Ma il vantaggio evolutivo non consiste esclusivamente nelle capacità di apprendimento, risiede anche nel fatto che queste cellule sono alla base della formazione dell’empatia e dell’altruismo. Consentendoci di apprendere attraverso l’imitazione dell’altro, di rispecchiarci nel modo di esprimersi dell’altro, ci predispongono alla relazione sociale e alla condivisione emotiva. È stato dimostrato che quando osserviamo l’espressione facciale di un altro che esibisce un determinato stato affettivo, come la gioia o il disgusto, tale emozione viene automaticamente ricostruita nel nostro cervello, e perciò anche da noi esperita, condivisa! Le emozioni dell’altro, dunque, influenzano il nostro modo di sentire, ed essendo istintivamente predisposti all’attrazione verso l’altro, potete comprendere la risonanza di quanto affermato. L’essere umano, infatti, è predisposto fin dalla nascita alla relazione con l’altro. È geneticamente portato all’osservazione dell’altro e alla ricerca dell’altro, poiché solo attraverso la relazione, prima fra tutte quella con la mamma, ma non meno importanti quelle successive, sopravvive, assimila, apprende e si sviluppa.
E qui entra in gioco Aristofane. Nel Simposio di Platone, Aristofane narra il mito delle metà, secondo cui nell’antichità gli uomini erano esseri perfetti, unità indistinte che possedevano la pluralità sessuale e non avevano bisogno d’altro se non di se stessi. Tale perfezione e superbia attirarono la collera di Zeus, che per indebolire gli esseri umani decise di dividerli, di separare l’unità perfetta in parti imperfette. Ed è da quel momento che essi sono alla ricerca della loro antica unità, sono, per dirlo con le parole di Aristofane, in perenne ricerca della propria metà. Nel Simposio di Platone, dunque, Aristofane anticipa quella che oggi è un’evidenza scientifica: l’essere umano è attratto dai suoi simili. Ma noi oggi sappiamo di più. Sappiamo che non solo l’uomo è attratto dall’altro ma è costantemente influenzato dai comportamenti e dalle emozioni dell’altro. I neuroni specchio, le preziose cellule del nostro sistema nervoso di cui abbiamo parlato, si attivano ogniqualvolta osserviamo un altro essere umano compiere un’azione o esperire un’emozione. E siccome viviamo in un contesto sociale in cui le interazioni con i nostri simili sono molteplici e quotidiane, potete facilmente comprendere quanto l’influenza dell’atro sia presente nella nostra vita. Con questo non voglio certamente affermare che siamo come dei robottini che imitano costantemente l’agire altrui. Ovviamente ognuno di noi filtra la realtà attraverso la propria personalità e ha un proprio modo di assimilare e di reagire agli stimoli. Tuttavia, l’elaborazione personale è secondaria. Il primo attore sulla scena quando osserviamo i nostri simili è il neurone specchio, che si attiva ogniqualvolta osserviamo un’azione o un’emozione, facendoci entrare in sintonia emotiva con quanto osservato. Come mostra l’interessante video su Facebook di cui vi ho parlato, assistere a una buona azione, ad un atto di altruismo, ci predispone e ci stimola a compiere a nostra volta un gesto positivo nei confronti dell’altro. Pensiamoci quando usciamo da casa alla mattina perché, e lo dico a costo di apparire scontato, un sorriso non costa nulla, ma può essere contagioso.
Paolo Caselli – lo psicologo non convenzionale
Immagine: Jacques-Louis David, Belisario chiede l’elemosina, 1781. Palais des Beaux-Arts de Lille.